Cos'è? - Eremo dell'unità

Eremo dell'unità
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L'eremo - cos'è
  
CHE  COS’E’  UN  EREMO?

Un luogo in cui ritirarsi nella ricerca del silenzio e dell’ascolto del Signore? All’inizio, certamente…
Un luogo di rifugio nella fuga dalle ondate del mondo che tolgono il respiro? Certamente, no!
Un luogo di raccoglimento e di solitudine dove cercare di guarire le proprie ferite? All’inizio, anche…
Un luogo dove condurre in pace i propri giorni nella preghiera, nella cura dell’orto e nel lavoro manuale ? Certamente, no!
Accade, come già è accaduto in passato, che questi elementi si trovino intrecciati insieme e non sia possibile distinguerli. Ma questo tempo non dura: presto alcuni emergono e altri svaniscono.
Il silenzio e la solitudine che custodiscono l’ascolto del Signore restano sempre – ma se la chiamata è vera diventano un respiro, e se esso proviene da altrove non si restringe, ma si espande, e finisce con l’accogliere, senza comprimere né imprigionare, altri respiri, e molti affannosi.
Il desiderio di sfuggire alla presa delle contraddizioni del ‘mondo’ non può sussistere, non ha radice in se stesso: la vita solitaria insegna che il mondo è dentro l’uomo, non fuori da lui, e chi lo fugge per paura non avrà mai pace, neanche se passasse tutta la vita in solitudine e silenzio.  Chi fugge il mondo che è fuori, incontra il cuore che è dentro, e là sarà provato nella lotta. Solo da questa lotta, vissuta in spirito di misericordia verso se stesso e verso gli altri, troverà la pace.
La guarigione delle ferite nasce dalla consegna di tutta la propria storia come se non ci appartenesse. L’albergatore della locanda, che è lo Spirito, continuerà l’opera del Samaritano con il suo olio e il suo vino. E allora si vedrà questo segno: le ferite guariscono non perché siano cancellate o cicatrizzate, ma perché diventano segno di resurrezione: non solo i colpi che potevano uccidermi non hanno avuto il potere di togliermi la vita, ma attraverso di essi l’ho ricevuta di nuovo, e sempre la ricevo.
Solo così l’eremo è un luogo di pace: non perché non sono disturbata da nessuno, e non perché posso occuparmi delle mie piccole cose ogni giorno con tranquillità, senza scosse e senza imprevisti. Questo sentimento, se guida qualcuno verso un  eremo, è un’illusione pericolosa, e i fatti lo smentiranno gradualmente, costringendo l’ ‘eremita’ verso una consapevolezza spiacevole, quella di essere guidato dal proprio egoismo, e a chiedersi finalmente: E’ forse per questo che sono immerso nella Pasqua di Cristo?

IL LUOGO DELL’EREMO

Accade, che chi si sente attratto dalla vita eremitica chieda e ottenga di abitare in una casa, più o meno isolata, che il pastore di quella chiesa giudichi adatta a questo scopo. Allora quel luogo porterà la storia e la vocazione di quella persona, non avendone un’altra precedente.
Accade anche, che il luogo in cui si è mandati abbia una storia e un’identità, e che vi si sia mandati proprio perché essa rinasca. Chi vi abita, allora, prima o poi saprà di essere chiamato a diventarne una memoria vivente, non per se stesso, ma per la costanza della vita vera e per la fedeltà della storia alla Sapienza divina. Scoprirà poco alla volta, e spesso con stupore, di essere inserito in una corrente viva che vuole riemergere – o di essere spinto da una forza irresistibile a germogliare da un ceppo tagliato.
Questo è il luogo in cui vivo, chiamato oggi Eremo dell’Unità. E’ una storia che ha accolto la mia storia. E’ una locanda nel deserto in cui sono stata condotta, e che poi mi è stata affidata. L’albergatore, lo Spirito che mi ha accolta e curata, mi ha detto: Continua tu, io non sarà mai lontano da qui…
E’ un luogo di lotta contro gli spiriti dello scoraggiamento e della desolazione, e di tutto ciò che infesta e oscura la vita. E’ un luogo in cui la Sapienza ha vissuto e accolto tutti quelli che vi si recavano per trovare consolazione. E’ luogo dagli orizzonti che si aprono uno dentro l’altro. Chi viene qui dev’essere persona di orizzonti che si aprono. Come se qualcuno mi dicesse: Tu sei qui perché i tuoi orizzonti entrino in questo, e vi trovino il senso della memoria che hai sempre custodito come un deposito di vita. Ora quel deposito è approdato qui, come una barca dopo un lungo viaggio. Hai visto uno che dalla riva ti faceva cenni con la mano: “Pace a te! Vieni, ti aspetto”. Allora hai detto: E’ il Signore, perché solo lui può trarre fuori dall’acqua la vita sommersa – non la morte, ma una  rete vivente che emerge dall’acqua con guizzi e riflessi di luce. E ti dice ancora: “Qui ho preparato per te! E tu, resta qui per me e fa lo stesso!”.

Gerace,  21 gennaio 2015 – s. Massimo il Confessore ; s. Agnese  

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